Nuoce gravemente
Trovo una buona idea quella di pubblicare immagini di corpi martoriati sui pacchetti di sigarette. Perché sono davvero pochissimi, tra i fumatori, coloro che deliberatamente ignorano gli effetti del fumo, pur essendone consapevoli: tutti gli altri semplicemente – per paura, debolezza, quieto vivere – mettono la testa sotto la sabbia: “non è così devastante come dicono”, “io non fumo così tanto da arrivare a quei livelli”, “queste cose succedono agli altri, mica a me”, “se inizio a stare male smetto in 2 giorni”, “tanto se non è il fumo sarà qualcos’altro”. Vivono rassicurando se stessi e minimizzando gli effetti della loro dipendenza, nascondendoli dietro a un “che vuoi che sia” e a una visione del mondo in cui il cancro è sì una cosa brutta, ma capita sempre agli altri. Non ci vogliono pensare, sfuggono il tema tra sé e sé, negano a loro stessi un pezzo di realtà per non dover ammettere che – se le cose stessero davvero come si dice – nemmeno un autolesionista dovrebbe iniziare a fumare.
Prenderesti in casa come colf una donna che potrebbe avere una relazione con tuo marito? No.
Faresti guardare a tuo figlio di 4 anni un film di Tarantino? No.
Guideresti ubriaco contromano a 190 km/h con tutta la tua famiglia in macchina? No.
Non farebbero nessuna di queste cose… eppure iniziano a fumare. Fingendo di rimandare a un domani indefinito l’affronto delle contraddizioni che questo porta con sé.
Se sei un fumatore e stai leggendo queste cose, probabilmente hai già in mente come mi risponderesti per le rime se mi avessi di fronte. Vero?
Ecco: riflettevo qualche giorno fa sull’analogia con il cancro spirituale, quello che uccide l’anima, disgrega il nostro essere pezzo a pezzo, e che noi – ostinatamente – mettiamo sotto la sabbia.
Pensate a quante cose lasciamo andare dietro a un “ma sì, che vuoi che sia”; “è un problema per altri, io ho tutto sotto controllo”; “se vedo che mi spingo troppo oltre, smetto subito”; “alle conseguenze ci penserò più avanti, ora ho altro più urgente a cui dedicarmi”. Quanto fumo lasciamo entrare girando la testa dall’altra parte, lasciando al nostro “me-stesso-del-futuro” le conseguenze che oggi nemmeno abbiamo voglia di chiamare tali.
E il fumo entra, e diventa parte di noi. E diventiamo dipendenti, proprio come con le sigarette. E proprio come per il fumo materiale, anche con il fumo spirituale più andiamo avanti e meno siamo disposti ad ammettere che sia (o stia per diventare) un problema. E ci convinciamo che in fondo non facciamo nulla di male, e poi fumiamo con gli amici e stare in compagnia è una cosa bella. E poi dài, proprio a me deve venire il cancro?
E non ci va di parlarne, ma nemmeno di pensarci, nemmeno tra noi e noi stessi. Fino al momento in cui cominciamo a detestare chi prova a dirci che sbagliamo. Moralisti che non sono altro: almeno io fumo sigarette, mica canne o roba peggiore. Non sono le mie 3 sigarette al giorno il vero problema, state tranquilli. E così via.
Mamma mia, quante sigarette spirituali che fumiamo. E quanto non ci piace che qualcuno rovini tutto ricordandoci che prima o poi ci saranno delle conseguenze da pagare. E che ci staremo male, soffriremo, moriremo per questo. Quanto è odioso… tanto da preferire convincerci che sia falso.
Avremmo bisogno di grandi disclaimer su tanti pezzi della nostra vita, su tante decisioni, su tante consuetudini: Nuoce gravemente alla salvezza.
Trovo una buona idea quella di pubblicare immagini di corpi martoriati sui pacchetti di sigarette. Perché sono davvero pochissimi, tra i fumatori, coloro che deliberatamente ignorano gli effetti del fumo, pur essendone consapevoli: tutti gli altri semplicemente – per paura, debolezza, quieto vivere – mettono la testa sotto la sabbia: “non è così devastante come dicono”, “io non fumo così tanto da arrivare a quei livelli”, “queste cose succedono agli altri, mica a me”, “se inizio a stare male smetto in 2 giorni”, “tanto se non è il fumo sarà qualcos’altro”. Vivono rassicurando se stessi e minimizzando gli effetti della loro dipendenza, nascondendoli dietro a un “che vuoi che sia” e a una visione del mondo in cui il cancro è sì una cosa brutta, ma capita sempre agli altri. Non ci vogliono pensare, sfuggono il tema tra sé e sé, negano a loro stessi un pezzo di realtà per non dover ammettere che – se le cose stessero davvero come si dice – nemmeno un autolesionista dovrebbe iniziare a fumare.
Prenderesti in casa come colf una donna che potrebbe avere una relazione con tuo marito? No.
Faresti guardare a tuo figlio di 4 anni un film di Tarantino? No.
Guideresti ubriaco contromano a 190 km/h con tutta la tua famiglia in macchina? No.
Non farebbero nessuna di queste cose… eppure iniziano a fumare. Fingendo di rimandare a un domani indefinito l’affronto delle contraddizioni che questo porta con sé.
Se sei un fumatore e stai leggendo queste cose, probabilmente hai già in mente come mi risponderesti per le rime se mi avessi di fronte. Vero?
Ecco: riflettevo qualche giorno fa sull’analogia con il cancro spirituale, quello che uccide l’anima, disgrega il nostro essere pezzo a pezzo, e che noi – ostinatamente – mettiamo sotto la sabbia.
Pensate a quante cose lasciamo andare dietro a un “ma sì, che vuoi che sia”; “è un problema per altri, io ho tutto sotto controllo”; “se vedo che mi spingo troppo oltre, smetto subito”; “alle conseguenze ci penserò più avanti, ora ho altro più urgente a cui dedicarmi”. Quanto fumo lasciamo entrare girando la testa dall’altra parte, lasciando al nostro “me-stesso-del-futuro” le conseguenze che oggi nemmeno abbiamo voglia di chiamare tali.
E il fumo entra, e diventa parte di noi. E diventiamo dipendenti, proprio come con le sigarette. E proprio come per il fumo materiale, anche con il fumo spirituale più andiamo avanti e meno siamo disposti ad ammettere che sia (o stia per diventare) un problema. E ci convinciamo che in fondo non facciamo nulla di male, e poi fumiamo con gli amici e stare in compagnia è una cosa bella. E poi dài, proprio a me deve venire il cancro?
E non ci va di parlarne, ma nemmeno di pensarci, nemmeno tra noi e noi stessi. Fino al momento in cui cominciamo a detestare chi prova a dirci che sbagliamo. Moralisti che non sono altro: almeno io fumo sigarette, mica canne o roba peggiore. Non sono le mie 3 sigarette al giorno il vero problema, state tranquilli. E così via.
Mamma mia, quante sigarette spirituali che fumiamo. E quanto non ci piace che qualcuno rovini tutto ricordandoci che prima o poi ci saranno delle conseguenze da pagare. E che ci staremo male, soffriremo, moriremo per questo. Quanto è odioso… tanto da preferire convincerci che sia falso.
Avremmo bisogno di grandi disclaimer su tanti pezzi della nostra vita, su tante decisioni, su tante consuetudini: Nuoce gravemente alla salvezza.